Pubblicato su politicadomani Num 87 - Gennaio 2009

Panoramica sull’usura
Cravattari, strozzini, usurai

Autentica peste, specie per le imprese micro-piccole e i ceti più poveri, coloro che prestano denaro a tassi di interesse insostenibili si sono organizzati in veri e propri business criminali

di Costantino Coros

L’orrendo mercato
“Usuraio” o “cravattaro” o peggio ancora “strozzino”, sono i tre appellativi con cui si indica chi presta denaro in cambio di interessi stratosferici. Spesso le vittime dell’usura sono persone o aziende che si trovano in momentanee difficoltà economiche, non ottengono il credito dalle banche e allora cadono nella rete dei cravattari, coloro i quali stringono la cravatta al collo delle loro prede, ma lo fanno senza strozzarle, perché sono più utili vive che morte. Lo strozzino si porta via non solo tutti i beni materiali dei suoi “schiavi” ma si prende anche la loro anima. Il cravattaro è uno dei tanti “demoni” che si aggirano come “topi” nelle “fogne della società”. Il male dell’usura viene da lontano: si parlava di questo fenomeno fin dai tempi di Aristotele e Platone, i due più grandi filosofi dell’antichità, passando per il Medioevo, epoca in cui è nato lo spirito capitalistico - in questo periodo storico il teologo domenicano Rolando da Cremona, aveva detto che “il cristiano non deve prestare denaro ad interesse, neppure se si tratti di tassi minimi, ma deve concedere gratis” -, fino ad arrivare ai giorni nostri, tempi in cui l’usura è un vero e proprio flagello.

L’usura: una piaga che si diffonde a macchia d’olio
Una recente ricerca del Cnel sull’usura ha messo in evidenza che “oggi, di fronte al crescere della crisi economica e finanziaria, alla perdita di redditività delle micro-piccole imprese e all’aumentare dell’indebitamento, l’usura si è insinuata tra tutti gli strati sociali della popolazione rendendo particolarmente rischiosa l’attività della piccola impresa commerciale al dettaglio, dell’artigianato di vicinato, dei ceti più poveri, ma anche di quei soggetti sociali una volta ritenuti immuni da questa piaga”. Nello spazio di un decennio, la criminalità ha acquisito spazi sempre più ampi di manovra in “business” e sono sempre più numerosi i clan e le cosche che compaiono nelle cronache giudiziarie.

Il commercio al minuto è il settore più colpito dall’usura
Dal 2000 alla fine del 2007, la crisi che ha colpito il commercio al minuto ha condannato alla chiusura 357mila attività commerciali. Ma non tutti chiudono definitivamente, ha rilevato il Cnel. Due commercianti su tre che gestiscono le imprese coinvolte nel fenomeno usurario, tentano di intraprendere un’altra attività cambiando ragione sociale, ovvero intestando l’attività ai figli, alla moglie o a qualche parente stretto. Qualcuno prova nuove avventure imprenditoriali, che per la fragilità dei dati di partenza sono sempre più fallimentari.

I commercianti sono i clienti preferiti dagli usurai
Il Cnel ha individuato le vittime dell’usura in persone con un’età di circa 50 anni, che hanno sempre fatto i commercianti e che hanno oggettive difficoltà a riconvertirsi nel mercato del lavoro e, quindi, tentano di tutto per evitare il protesto di un assegno, e il fallimento della loro attività. A quell’età  fallimento economico e personale coincidono, con tutto ciò che consegue sullo stato psicologico della vittima. Sono commercianti che operano nel dettaglio tradizionale: alimentaristi, fruttivendoli, gestori di negozi di abbigliamento e calzature, fiorai, mobilieri. La ricerca del Cnel specifica più in profondità chi sono le vittime e chi sono gli strozzini, ed è interessante sapere che entrambi condividono lo stesso ambiente lavorativo, sociale ed hanno identici valori.

Il Centro-Sud è l’area del Paese più colpita dall’usura
Campania, Lazio e Sicilia sono le regioni dove si concentra un terzo dei commercianti coinvolti nell’usura. Non va sottovalutato però il fatto che, in rapporto al numero degli esercizi presenti, è la Calabria la regione con il più alto indice di rischio usura. La Campania detiene il record degli importi protestati (per un totale di 736.085.901 euro) seguita dalla Lombardia e dal Lazio. Il Lazio è invece in testa alla classifica per numero dei protesti lavati (saldati cioè dopo un certoperiodo di empo). Lo stesso Lazio (5,34%), la Campania (4,46%) e la Calabria (3,53%) sono le regioni con il più alto numero di protesti in rapporto alla popolazione residente. Napoli è la città nella quale lo scorso anno si sono registrati più fallimenti (7,2%) che rappresenta il 15% del totale nazionale. Tutti sintomi di una fragilità e debolezza che colpisce innanzitutto l’impresa minore. Pescara, Messina, Siracusa, Catanzaro, Vibo Valentia sono le città in cui maggiore è l’indice di “rischio usura” aggravata dalla pericolosità delle reti usuraie presenti.

È urgente riformare la legge antiusura
L’usura sta diventando un business criminale sempre più professionalizzato. Per questo, secondo il Cnel, la Legge antiusura n.108 del 1996, dopo più di 10 anni dalla sua promulgazione, necessita di una profonda rivisitazione, al fine di colpire maggiormente sul lato patrimoniale gli usurai e favorire il reinserimento sociale delle vittime; ciò anche per rendere la denuncia “più conveniente” ed invertire la tendenza di non-fiducia ormai in atto tra le vittime di questo odioso reato.

 

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